Giovanni 15,1-8
1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
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Non ha solo un valore operativo questa affermazione di Gesù ma anzitutto un valore legato all'essere. Tale affermazione di Gesù completa e armonizza tutto l'uomo, ha una dimensione ontologica, gnoseologica, affettiva ed operativa.
Senza Dio noi non possiamo fare nulla. Senza Gesù Cristo Signore siamo nulla agitati dal vento del nulla.
Egli ci conferma nell'essere, nella libertà e nel poter scegliere. Terribile la possibilità di scegliere.
Egli ci dona di poter scegliere anche se ciò fosse contro di Lui e contro noi stessi. Persino quando questo comporta, inevitabilmente, la perdita del Bene e dunque della libertà.
Se dunque senza Dio non possiamo fare nulla che abbia peso e sostanza e garantisca la libertà che costanetemnte riceviamo e, dunque, senza di Lui neanche si possa vivere pienamente, ebbene, proprio da qui, possiamo cogliere l'amore infinito, l'umiltà e l'annichilimento costante (la perenne kenosis) che Dio opera donando la Sua grazia a ciascuno di noi anche se persistenti nel peccato. Dio è talmente umile che pone la creatura nella possibilità di scegliere.
Anche quando noi pecchiamo e non solo offendiamo Dio ma ci allontaniamo sempre più da Lui e dalla vita, Egli continua a chiamarci e a donarci quei beni fondamentali di vita e di libertà di scelta per poterci convertire e tornare a lui.
Tornare al vero e al bello. Tornare al reale. Tornare ad essere liberi.
Per tale motivo il primo che non crea dualismi e stigmi è proprio il Padre che sempre, ma proprio sempre, attende che il “.. peccatore si converta e viva” (Ez. 33,11).
Ed è inutile che ci giriamo intorno, quel peccatore sono io.
Se potessimo vedere veramente questa umiltà e questo amore smetteremmo di bestemmiarlo con la vita, con le scelte (le eresie piccole e grandi) che conducono al peccato, con i vizi, la mormorazione, la mancanza di obbedienza.
Smetteremmo di affliggerlo con la nostra disonestà che è quella impermeabilità costante a vedere ciò che siamo e ciò che è alla Sua Luce.
Cesseremo con l’Avarizia.
Qui ci aspetta Cristo, qui ci conduce Cristo, qui è Cristo.
Qui Dio ci aspetta non altrove,
sulla via di Damasco.
Il luogo dove la libertà comprende sé stessa e si compie nel farsi condurre da Cristo a Cristo e, finalmente, amare.
PiEffe