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Neanche Io ti condanno, va’ e non peccare più - senza la Giustizia la Misericordia non compie sé stessa

La Donna adulteraDal Vangelo secondo Giovanni.

Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».

Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.  
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più». (Gv. 8, 1-11)


I tre moti della Giustizia

Di questo brano esaltiamo sempre l’accoglienza misericordiosa di Cristo. Il Suo chinarsi teneramente verso questa donna sorpresa in peccato pubblico e pronta per essere lapidata. 

Ciascuno di noi è questa donna.
Se è onesto, ciascuno di noi potrebbe stare tranquillamente al posto di questa donna.

Tutti noi. Ciascuno di noi necessita di questo sguardo del Cristo. Una tenerezza incomparabile ed inenarrabile. Persino chi ha subito o sta subendo oggettivamente ingiustizie necessita di questo sguardo.

Eppure dietro questo moto di misericordia divina, dietro questo Hesed חֶסֶד, questo patto di amore misericordioso e fedele (che richiama la viscere di misericordia, Raḥamim, un fiume profondo ed intimo dell'Amore di Dio), ci sono connaturati tre moti di giustizia inestricabili che comportano tre interventi di giudizio.

Il primo moto di giustizia è quello che fa cogliere l’essenziale. Viene fatto un giudizio, per così dire, ontologico.

L’immagine di Dio è così impressa nella creatura che Dio mosso da misericordia giudica l’essenziale, vede la sua preziosa ed ontologica unicità, il suo essere persona.
Ogni peccato non cancella questa immagine. 
Ne mina la somiglianza, l’operatività, la bellezza. Eppure l’immagine rimane inalterata.
Il nemico compie un'altra operazione: nasconde l'immagine, ti obnubila a te stesso. Il ladro sin dal principio è ladro di Bene e di Vero ed opera per falsare il giudizio, perché tale opera di Misericordia primaria, cioè questo moto di giustizia, non venga attuato; né su di te né sui fratelli.
L’inferno in fin dei conti è proprio questo, una immagine che decide di non aderire a sé stessa e sceglie di darsi l’essere e la pienezza da sé stessa. Poiché questo non è ontologicamente possibile, l’inferno è questa eterna scelta assurda di essere come dio senza Dio e di essere, di fatto, contro Dio e dunque nemici di sé stessi. Causa della nostra eterna decisione di essere lontani dalla fonte del nostro essere. Una sorta di negazione di ciò che è.
Ma tornando al punto. In questo primo giudizio Dio non può non “commuoversi” nella natura umana del Cristo. Dio coglie l’essenziale.
Questo fanno i santi davanti alla storia e alle persone, colgono questo quid ontologico e la sua bellezza. Per questo dice il Signore, "..neanche io ti condanno". Ti giudico ma non ti condanno. Non nego il giudizio dei tuoi accusatori ma evito l'ingiusta condanna degli accusatori, tra l'altro sostanzialmente uomini (κατήγοροί Gv. 8,10 BYZ).
Dunque neanche Io, che sono Dio e che potrei dare un giudizio definitivo (οὐδὲ ἐγώ σε κατακρίνω Gv. 8,11 BGT), ti condanno.


Nel secondo moto di giudizio Cristo esorta ad un movimento “Va' ” cioè ha fiducia nel buono e nel bello che tu, con Lui e la Sua grazia, puoi compiere. Ti ricrea. (πορεύου Gv. 8,11 BYZ)

Ti assolve, ti purifica e ti ri-crea.
Egli fonda la tua auto-stima.
Egli crede in te e nel bene che puoi compiere.
Ti giudica degno del bene, perché sei nato per compierlo.
Opera diversamente dal ladro di Bene, non obnubila, non ottunde, ma ti rende la vista profonda, scientifica (secondo dono di Scienza) di vedere alla luce nella Luce.
E inviandoti, come un comando divino che fa essere ciò che chiede, Egli ti immette nel circuito buono della vita, quella che ti sei negata peccando. Lo Spirito urge nei nostri cuori e crea un movimento, un cammino teleologico verso i tempi ultimi. Per tale motivo il «va’» non investe solo il singolo ma l’intera Chiesa proiettata verso i tempi ultimi.
Il «va'» è ora, il «va'» cerca il compimento escatologico, brama e vive dell'eternità, per cui sei pensato ed amato in comunione con i fratelli e le sorelle.

Nel terzo moto di giudizio Cristo compie una promessa ed una responsabilità. “Non peccare più”. (ἁμάρτανε Gv. 8,11 BYZ)

Cioè ricordati di chi sei, ed io sono con te nella fatica di mantenerti fedele all’immagine. Non compiere più atti contro Dio e il Suo volere (Luca 15,18). Questa esortazione del Cristo ricorda quello che san Paolo dirà successivamente nella catechesi battesimale alla comunità di Roma: “Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne.. poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.” (Rm. 8,12-13) Il terzo moto di giudizio, dunque è un dono ed una responsabilità. Tu sei debitore nei riguardi dello Spirito che ti ha ri-creato. Egli è fonte di fedeltà. Non contristarlo, piuttosto ascoltane il sussurro e assecondalo.
Perché assecondandolo troverai man mano quello stato preternaturale dei progenitori completato dall'esplicitazione potente del Verbo fatto uomo che ti rende, finalmente, figlio, figlia. Vivrai come tale e l'habitus man mano si strutturerà nel Sapore della Grazia.
Responsabilizzati davanti a questo, dunque, e vivi secondo lo Spirito e secondo i moti dello Spirito.
Giudica te stesso nello Spirito Santo, segui il prezioso dono del Consiglio.

Ecco, come abbiamo visto la misericordia di Dio, espressa nella tenerezza di Cristo, non è disgiunta mai dal giudicare. Anzi potremmo ben dire affermando: “Chi giudica – biblicamente – ama, e chi ama, giudica.”


Misericordia e Giustizia.

Percepire la Misericordia in antitesi con la Giustizia è frutto di una miopia e talvolta di grave malafede.

Tale miopia è di duplice natura.
Da una parte dovuta dalle ideologie correnti che essendo “eretiche”, letteralmente parlando, mettono una divisione dove non è possibile. Accentuando o l’una o l’altra. 

In secondo luogo la chiave interpretativa della giustizia e della misericordia dev’essere la Parola di Dio e in modo particolare la Tradizione che la precede che, per noi, significa la vita stessa di Gesù. Il Suo agire, il suo vivere. Gesù in alcuni momenti sembra provare gli stessi “sentimenti” di Dio nella creazione. Per la Parola di Dio Misericordia e Giustizia sono unite da et-et, perché la Giustizia, come abbiamo visto è anzitutto un atto armonico, estetico e dinamico e non meritocratico.

Nel Genesi leggiamo “E Dio vide che era cosa buona” ma potremmo leggere ancor meglio “e “Dio si compiacque che ciò che aveva fatto era compiuto e non mancava di nulla”. In effetti il termine Tov (ט֣וֹבGen. 2,9 WTT) è un termine inclusivo che sottintende un atto estetico biblicamente inteso. Cioè un atto buono, bello, completo, armonioso, giusto. A cui non manca nulla. È bello perché compiuto, giusto. Dio vede questo come un atto meraviglioso ed estatico, cioè compiutamente e sommamente completo fuori di sé, e se ne compiace. Dio vede il compiuto e se ne stupisce come un bimbo.

La categoria della giustizia, nella Bibbia non ha solo la valenza legata ad un diritto ma piuttosto riguarda la santità di Dio stesso. Ciò che Dio, tre volte santo, compie è giusto. È perfetto in tutte le sue parti. Armonioso. E non manca di nulla.

Pertanto nell’atto della ricreazione del peccatore occorre che il peccatore stesso decida in cuor suo e con fermezza di non peccare più.
Cioè adempia ad un atto di Giustizia accogliendo l'Amore Misericordioso di Dio.
Altrimenti la Misericordia di Dio, la nuova creazione nell’amore tenero che non condanna, diventa non efficace per il peccatore. Il quale rimane nei peccati. Perde la santità, cioè in maniera più o meno definitiva, l’appartenere a Cristo e l'appartenere al Suo Corpo, che è la Chiesa.


Pertanto separare Giustizia e Misericordia vuol dire agire al di fuori della sapienza di Dio.
Si costituisce una separazione che per Dio non esiste e che, se da noi applicata, adultera la Parola e il pensiero stesso di Dio svelato al mondo in Cristo e nello Spirito Santo.

Ricordiamo il commento al Vangelo di Giovanni di S. Agostino:

"Cosa rispose dunque il Signore Gesù? Cosa rispose la verità? Cosa rispose la sapienza? Cosa rispose la stessa giustizia contro la quale era diretta la calunnia? Non disse: Non sia lapidata! Si sarebbe messo contro la legge. Ma si guarda bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto, non a perdere ciò che aveva trovato, ma a cercare ciò che era perduto (cf. Lc 19, 10). Cosa rispose dunque? Guardate che risposta piena di giustizia, e insieme piena di mansuetudine e di verità! Chi di voi è senza peccato - dice - scagli per primo una pietra contro di lei (Gv 8, 7). O risposta della Sapienza! Come li costrinse a rientrare subito in sé stessi! Essi stavano fuori intenti a calunniare gli altri, invece di scrutare profondamente sé stessi. Si interessavano dell'adultera, e intanto perdevano di vista sé stessi. Prevaricatori della legge, esigevano l'osservanza della legge ricorrendo alla calunnia, non sinceramente, come fa chi condanna l'adulterio con l'esempio della castità. Avete sentito, o Giudei, avete sentito, farisei e voi, dottori della legge, avete sentito tutti la risposta del custode della legge, ma non avete ancora capito che egli è il legislatore. Che altro vuol farvi capire, scrivendo in terra col dito? La legge, infatti, fu scritta col dito di Dio, e fu scritta sulla pietra per significare la durezza dei loro cuori (cf. Es 31, 18). Ed ora il Signore scriveva in terra, perché cercava il frutto. Avete dunque sentito il verdetto? Ebbene, si applichi la legge, si lapidi l'adultera! È giusto, però, che la legge della lapidazione venga eseguita da chi dev'essere a sua volta colpito? Ciascuno di voi esamini se stesso, rientri in se stesso, si presenti al tribunale della sua anima, si costituisca davanti alla propria coscienza, costringa se stesso alla confessione. Egli sa chi è, poiché nessun uomo conosce le cose proprie dell'uomo, fuorché lo spirito dell'uomo che è in lui (cf 1 Cor 2, 11). Ciascuno, rivolgendo in sé lo sguardo, si scopre peccatore. Proprio così. Quindi, o voi lasciate andare questa donna, o insieme con lei subite la pena della legge. Se dicesse: Non lapidate l'adultera! verrebbe accusato come ingiusto; se dicesse: Lapidatela! non si mostrerebbe mansueto. Ascoltiamo la sentenza di colui che è mansueto ed è giusto: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Questa è la voce della giustizia: Si punisca la peccatrice, ma non ad opera dei peccatori; si adempia la legge, ma non ad opera dei prevaricatori della legge. Decisamente, questa è la voce della giustizia. E quelli, colpiti da essa come da una freccia poderosa, guardandosi e trovandosi colpevoli, uno dopo l'altro, tutti si ritirarono (Gv 8, 9). Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la freccia della giustizia, non si fermò a vederli cadere, ma, distolto lo sguardo da essi, si rimise a scrivere in terra col dito (Gv 8, 8).

Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati. Gesù levò gli occhi verso di lei. Abbiamo sentito la voce della giustizia, sentiamo ora la voce della mansuetudine. Credo che più degli altri fosse rimasta colpita e atterrita da quelle parole che aveva sentito dal Signore: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Quelli, badando ai fatti loro e con la loro stessa partenza confessandosi rei, avevano abbandonato la donna col suo grande peccato a colui che era senza peccato. E poiché essa aveva sentito quelle parole: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei, si aspettava di essere colpita da colui nel quale non si poteva trovar peccato. Ma egli, che aveva respinto gli avversari di lei con la voce della giustizia, alzando verso di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: Nessuno ti ha condannato? Ella rispose: Nessuno, Signore. Ed egli: Neppure io ti condanno, neppure io, dal quale forse hai temuto di esser condannata, non avendo trovato in me alcun peccato. Neppure io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va' e d'ora innanzi non peccare più (Gv 8, 10-11). Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l'uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti condanno; va', vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell'inferno. Ma non disse così.

Ne tengano conto coloro che amano nel Signore la mansuetudine, e temano la verità. Infatti dolce e retto è il Signore (Sal 24, 8). Se lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto dice: Ho taciuto; ma in quanto è giusto aggiunge: Forse che sempre tacerò? (Is 42, 14 sec. LXX). Il Signore è misericordioso e benigno. Certamente. Aggiungi: longanime, e ancora: molto misericordioso, ma tieni conto anche di ciò che è detto alla fine del testo scritturale, cioè verace (Sal 85, 15). Allora infatti giudicherà quanti l'avranno disprezzato, egli che adesso sopporta i peccatori. Forse che disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della sua longanimità, non comprendendo che questa bontà di Dio ti spinge solo al pentimento? Con la tua ostinatezza e con il tuo cuore impenitente accumuli sul tuo capo l'ira per il giorno dell'ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2, 4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti; ma tu fai assegnamento su questa dilazione, senza impegnarti a correggerti. Ieri sei stato cattivo? oggi sii buono. Anche oggi sei caduto nel male? almeno domani cambia. Tu invece rimandi sempre e ti riprometti moltissimo dalla misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita molto lunga. Che ne sai cosa ti porterà il domani? Giustamente dici in cuor tuo: quando mi correggerò, Dio mi perdonerà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a chi si corregge e si converte; è vero, puoi citarmi una profezia secondo cui Dio ha promesso il perdono a chi si corregge; non puoi, però, citarmi una profezia secondo cui Dio ti ha promesso una vita lunga." (Agostino d'Ippona Vescovo, Commento al Vangelo di Giovanni, XXXIII, 5-7)

Pertanto, infine, nessuno abusi della Misericordia di Dio, perché abuserà della Giustizia ed affermerà con la Sua indolenza che Dio non è giusto e che dunque non può essere misericordioso. Chi abusa della Misericordia di Dio, come chi abusa della Sua Giustizia, infatti, non sta solo offendendo Dio, dimostrando di non conoscerlo, ma sta ponendo le basi per non cambiare mai sé stesso ed intorpidire gravemente la propria volontà. In tal caso una vita lunga non sarà mai abbastanza per amare nell'Amore e vivere nella Misericordia di Dio, habitus di Giustizia e di lode. E, nel contempo, spezzerà quella fantastica comunione generata da Cristo e data nel Battesimo con la Chiesa.

È il peccato, infatti, che negando la Misericordia e la Giustizia per sé stessi e i fratelli, ci deforma il nostro essere Persona e ci rende "persone alla maniera della non-persona". Ma è la santità, che passa attraverso la ri-creazione di Cristo nella nostra miseria peccatrice, con quello straordinario « Va' e non peccare più» che ci rende sempre più Persone e ci definisce nell'Amore per sempre meglio amare, nella dignità ritrovata.

Paolo Cilia in arte Paul Freeman
per il sito www.ilcattolico.it

 

 

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