
Con la liturgia del mercoledì delle ceneri la Chiesa invita a fare un gesto d'onestà intellettuale cioè riconoscere la propria fragilità, limite, povertà; in poche parole che si è creature.
Se personalmente e comunitariamente si è schietti non è difficile prendere atto che si è una valle d'ossa aride come narra il profeta Ezechiele (Ez. 37,1-14), e non solamente nella striscia di Gaza con le macerie che si perdono a vista d'occhio ma anche nelle nostre strade, quartieri, città, famiglie, comunità e anche realtà ecclesiali quali ad esempio parrocchie, comunità religiose e diocesi. Ma questo sguardo è possibile solo se al posto della luce fredda del disprezzo vi è la benignità della misericordia. Il massimo dell'obbrobrio si manifesta nel Crocifisso, un fallito, rinnegato, tradito, consegnato ai pagani, messo a morte nel modo più infame; un dolore innocente irrazionale che scandalizza. Ma simultaneamente è il luogo in cui si manifesta che il grido non cade nel vuoto ma è ascoltato da Qualcuno che si prende cura di lui e lo resuscita dalla morte, ossia lo strappa dal nulla. Il tutto mosso dall'amore dalla cui prospettiva il dolore innocente è la cosa più ragionevole: dare la vita in un sacrificio d'amore. Questa è la vita di Gesù che ci è trasmessa dallo Spirito Santo e così il cammino è dalla cenere quaresimale al fuoco pasquale della Pentecoste che ridà vita alle ossa aride. Questa è la speranza certa e affidabile: il deserto fiorirà e come al ladrone che gli era crocifisso accanto Gesù dice anche oggi: "Oggi sarai con me", ossia in paradiso dove vi è la pace che non può essere tolta neppure dalla guerra.